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al di qua, l altra al di là delle labbra& Ride male, ride
malinconicamente. Io la battezzerei Pensiero o Malinco-
nia quella danzatrice. Con quale abbandono trascina la
sua bellezza sull ammattonato polveroso della sala dei
matrimoni! È una malinconia che ride, un pensiero che
balla per forza la mazurca.
* * *
Il topo acquatico che sopraintende al ballo ha fatto
chioccare le mani con maggiore serietà del solito.
Ernesto e Malinconia sono già rientrati in processio-
ne. Ora viene la tua volta, Bergamino.
Fai male tu a ballare la mazurca; non la balli bene. La
mazurca vuole essere smussata, rotonda, e tu la fai ispi-
da, aguzza, a triangoli scaleni. Forse balleranno poi bene
i tuoi figliuoli; ma tu non sei piú a tempo per essere cor-
retto. E poi perché quella casacca larga e quadra, quei
calzoni che capirebbero due emine di fagiuoli? Non sei
passato al tornio del secolo, Bergamino.
Ma che è? Anche Bergamino stavolta e dalli e ra-
schia, azzecca qualche passo con garbo& Via, aggiusta
anch egli i suoi colpetti di grazia; e dagli occhi e dalla
punta del naso gli raggia un lume di contentezza e di
orgoglio. Non ha piú il suo cappellaccio inchiodato sul
capo&
Ma che vuol dire ciò? Non c è piú proprio nessuno
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Giovanni Faldella - Le «Figurine»
che tenga villanamente il suo cappello in testa. Chi ha
potuto dare e far eseguire questi comandi?& Non c è
piú nessuno che fumi& nessuno piú ruba l anzianità
ballando; regna un ordine che è una galanteria, pare che
ognuno sospenda il respiro, i giovinotti si tastano i polsi-
ni e la cravatta, si ravviano la dirizzatura dei capegli; le
giovinette si rassettano la vestitina, si tirano a segno il
grembiale, si mettono in dirittura il cordoncino sviato
della crocetta; ognuno si racconcia nell arme&
Le mamme e le brutte che fanno da tappezzeria pare
vogliano impiastricciarsi alle pareti per far posto; coloro
che sono seduti si alzano, coloro che sono alzati contadi-
nescamente rinculano in segno di onoranza. Perché tut-
to questo?
Una testa d oro si è sprigionata dalle righe delle cop-
pie danzanti. Come gira, come spicca, come brilla quel-
la testa diamante fra tutte quelle teste artigiane e rusti-
cane!
* * *
È la marchesina di Rena Bella. Su quell accozzo grot-
tesco di lampadari bisbetici, di lumiere rassegate, di se-
die scompagnate e di acconciature sbagliate, essa sola
diffonde tutto lo splendore dei doppieri e delle gemme
proprio ai balli dell alta vita. Essa in un attimo, nella sua
vesticciuola succinta (sembra abbia scelto quella di una
cameriera per non dare soggezione) essa fa indovinare e
imparare la eleganza, che non istà nella roba, ma nel ta-
glio e nel gusto, insegna la gentilezza dei modi& Oh,
nessuno oserà piú disordinare in presenza della marche-
sina di Rena Bella!
Il carnevale dell altr anno passato essa aveva formato
la gioia delle serate della capitale. Le sue acconciature
gialle, verdi, ponsò, specialmente quella ponsò, erano
state divulgate per tutta Italia dalle gazzette del buon ge-
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Giovanni Faldella - Le «Figurine»
nere nei corrieri della High Life. Gli stessi giornali am-
modo avevano annunziato, nelle loro importanti infor-
mazioni, sapere di buona fonte il prossimo matrimonio
della nobile donzella Eufrosina Y, con il baroncino
Teack, capitano di artiglieria, autore di un proverbio in
versi martelliani, quegli che era stato levato alle stelle
non solo dai diarî moderati ma dagli stessi organi di piú
fiera opposizione, per avere con senno e bravura diretto
il cotillon al ballo dell ambasciatore di Turchia. Chi sa
quale gentile e sovrano concetto l anima pura della no-
bile damigella si era formato di quel giusto, avveduto e
solenne direttore di cotillon? Ma qualche giorno prima
del fermato sposalizio ella seppe di Lui una di quelle co-
se brutte, profondamente e riflessivamente brutte che ri-
buttano ad essere dette& Il baroncino Teack aveva&
non so& per paga& un quissimile& aveva insomma
venduto la sua anima ad una squarquoia.
La nobile donzella Eufrosina cascò dal suo terzo cielo
di speranze e di amori. In altri tempi in contingenze si-
mili le nobili zitelle si facevano monache; ora fanno
qualche cosa di meglio; sposano un marchese terragno,
un marchese di Rena Bella prataiuolo, risaiuolo, viticul-
tore, bachicultore, apicultore, gelsicultore, pescicultore,
allevatore di conigli, inventore di un aratro a denti per-
fezionati, georgofilo fin sulla punta dei capelli.
Il marchese di Rena, che oltre le anzidette qualità e
oltre le molte medaglie buscate dai Comizî agrarî e nelle
fiere dei vini, possedeva anche molto buon senso, non
aveva preteso che la sua sposa stesse seppellita tutto l in-
verno in contado; aveva cercato di restituirla al Carneva-
le di Roma, ché egli si sarebbe asciugata la noia mortale
di un soggiorno cittadinesco per lei. Ma la marchesina
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